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Il contribuente che già abbia la proprietà di una casa non può effettuare un nuovo acquisto avvalendosi del beneficio prima casa, nemmeno se dimostri che l’abitazione di proprietà sia «inidonea» alle sue esigenze abitative. Lo afferma la Corte di cassazione nell’ordinanza n14740 del 13 giugno 2017, invertendo così la sua precedente giurisprudenza di segno contrario (sentenze 18128/ 2009, 100/2010 e 3931/2014).

In scia a queste pronunce si era accodata anche la giurisprudenza di merito: Ctp Alessandria, 22/2010, Ctp Matera, 820/2011, Ctr Lombardia 2970/2014, Ctr Lombardia 4272/2015, Ctp Milano 5888/2016. Il caso è, ad esempio, quello di una persona non sposata, che compra un monolocale con l’agevolazione prima casa.

Poi si sposa e ha figli: il monolocale diventa inidoneo per le esigenze della famiglia. Può costui comprare un’altra casa senza dover alienare quella già di sua proprietà? La questione è spinosa. La legge indica infatti come presupposto per ottenere l’agevolazione prima casa la non titolarità (e cioè la cosiddetta «impossidenza»), da parte dell’acquirente: del diritto di proprietà di altra casa di abitazione ubicata nel Comune in cui è situato l’immobile oggetto del nuovo acquisto; del diritto di proprietà di altra casa di abitazione (ovunque ubicata) acquistata con l’agevolazione prima casa. La legge vigente punta dunque l’obiettivo sulla mera «prepossidenza» di un’altra casa di abitazione, e cioè senza null’altro aggiungere per qualificare questa prepossidenza: e quindi indipendentemente dal fatto che la casa preposseduta sia bella o brutta, larga o stretta, alta o bassa, nuova o vecchia, elegante o degradata, in ordine o diroccata, e così via.

In passato, per un breve periodo (dal 24 gennaio 1993 al 31 dicembre 1995), la legge sull’agevolazione prima casa ha concesso il beneficio a chi avesse dichiarato «di non possedere altro fabbricato o porzioni di fabbricato idoneo ad abitazione» (Dl 16/1993 e Dl 155/1993). Prendendo però atto del fatto che il giudizio di “idoneità” di un’abitazione comportava l’espressione di valutazioni discrezionali nella osservazione dei singoli casi concreti (dovendosi tener conto sia delle caratteristiche del fabbricato sia delle esigenze personali del contribuente e della sua famiglia) il legislatore eliminò ben presto (legge 549/1995) il riferimento all’idoneità della abitazione preposseduta, viceversa stabilendo (con norma ancor oggi vigente) che l’agevolazione fiscale è impedita per il solo fatto della titolarità di una abitazione, senza più riferimento alla sua idoneità, o meno, per le esigenze abitative del contribuente in questione. Cosicché, dal 1° gennaio 1996 alla sentenza di Cassazione 7 agosto 2009 n. 18128 nessuno ha più dubitato che, per ottenere l’agevolazione, occorresse considerare anche il requisito della idoneità dell’abitazione preposseduta.

Nel 2009 invece la Suprema corte ha ritenuto che «il requisito della impossidenza di altro fabbricato... sussista nel caso di carenza di un altro alloggio concretamente idoneo a sopperire ai bisogni abitativi». Non è dato sapere se questa sentenza fu il frutto di un errore (e cioè di ritenere applicabile al caso oggetto del giudizio una normativa abrogata). Il fatto è che la giurisprudenza successiva si è adeguata pedissequamente, nonostante le Entrate abbiamo cercato di fare argine con la risoluzione 86/E del 20 agosto 2010 che ha negato, ai fini della concessione dell’agevolazione, la rilevanza dell’idoneità o meno della casa preposseduta.

L’ordinanza 14740/2017 spariglia nuovamente le carte in tavola, a detrimento della prassi professionale quotidiana: se, infatti, si deve mettere in campo una valutazione (in termini di idoneità) della casa già in possesso dell’acquirente, per giudicare se sia adatta o meno alle sue attuali esigenze abitative, si finisce per introdurre un criterio talmente discrezionale da non essere praticamente gestibile. Inidonea potrebbe essere una casa divenuta troppo piccola per l’aumento del numero dei familiari del contribuente o troppo grande a causa della loro diminuzione; oppure potrebbe essere inidonea una abitazione in precedenza utilizzabile ma che poi si renda inaccessibile (per essere ubicata in un piano elevato non servito da un ascensore) a chi resti vittima di un incidente che ne comprometta la deambulazione. Inidonea potrebbe essere, infine, una casa posizionata in un luogo insalubre per il mutamento delle condizioni di salute del proprietario o che si renda inutilizzabile per la distanza dal suo luogo di studio o di lavoro. Infine, potrebbe essere inidonea la casa fatiscente o priva di impianti o servizi.